E’ la domanda che ci rivolgono i nostri CLIENTI quando decidono di interrompere la loro relazione; il primo pensiero va naturalmente ai figli.
Cercheremo dunque di darTi, con questo articolo, chiare risposte, anche se, per una più approfondita analisi del Tuo caso sarà necessario incontrarTi.
Iniziamo con il dirTi che la legge n. 54/2006 ha trasformato l’affido “congiunto”, da eccezione, in regola, sotto la definizione di “affido condiviso”. Tale istituto riconosce alla prole il diritto a mantenere rapporti continuativi e stabili con entrambi i genitori.
Questo significa che entrambi i genitori partecipano alla cura e all’educazione dei figli, sono titolari della responsabilità genitoriale ed assumono insieme le decisioni di maggiore interesse (ad esempio quelle relative alla scuola, alla salute e alle scelte educative).
Attenzione però: nell’eventualità in cui l’affidamento ad entrambi i genitori sia contrario all’interesse del minorenne, il giudice disporrà l’affidamento esclusivo (articolo 337 quater c.c.). Per saperne di più, Ti consiglio di leggere l’articolo dedicato: https://www.studiolegalerigoni.eu/linteresse-del-figlio-e-il-diritto-alla-bigenitorialita/.
Sebbene dunque l’affido di norma sia condiviso, il Tribunale stabilisce a quale dei genitori spetti “il collocamento prevalente dei figli”, intendendo con ciò la residenza stabile del figlio o dei figli presso uno dei genitori.
L’articolo 337 ter secondo comma concernete i provvedimenti da assumere per i figli, prevede che il giudice valuti prioritariamente la possibilità che i figli minori restino affidati a entrambi i genitori oppure stabilisce a quale di essi i figli sono affidati, determina i tempi e le modalità della loro presenza presso ciascun genitore, fissando altresì la misura e il modo con cui ciascuno di essi deve contribuire al mantenimento, alla cura, all’istruzione e all’educazione dei figli.
Vi sarà quindi:
- Il genitore detto “collocatario”, ossia colui presso il quale i figli andranno a vivere all’indomani della separazione. Il genitore collocatario è colui che si prende cura giornalmente delle necessità della prole, aiutato dall’assegno di mantenimento versato dall’altro.
- Il genitore “non collocatario”, che pur deve essere una presenza costante per il figlio, contribuendo in egual modo alla sua crescita e al suo mantenimento, conserva, a tal fine, il diritto di fare visita e di prendere con sé i figli secondo il calendario stabilito.
Ma chi decide quale dei due genitori sarà il “collocatario”?
A stabilire chi debba essere il genitore collocatario sono i genitori nel momento in cui decidono di separarsi. Se però i due non riescono a trovare un accordo, il genitore collocatario verrà individuato dal giudice, ed è proprio in questo momento che sarà necessario l’intervento dell’Avvocato.
In via generale, il giudice deve prendere in considerazione l’esclusivo interesse morale e materiale della prole, del rispetto dei diritti di questa a ricevere educazione, istruzione, assistenza morale e materiale.
A tal riguardo, una recentissima pronuncia della Corte di Cassazione ha affermato che in materia di affidamento dei figli minori, il giudice deve attenersi al criterio fondamentale rappresentato dall’esclusivo interesse morale e materiale della prole, privilegiando quel genitore che appaia il più idoneo a ridurre il pregiudizio derivante dalla disgregazione del nucleo familiare e ad assicurare il migliore sviluppo della personalità del minore. (Cass. civ., Sez. I, Ordinanza, 19/09/2022, n. 27348).
Una volta che il giudice avrà individuato il genitore che meglio si presta ad essere collocatario, si apre una nuova questione altrettanto fondamentale:
In quale abitazione andrà a vivere la nuova (e divisa) famiglia?
Di regola, il genitore al quale vengono affidati i figli ha il diritto di continuare a vivere nella casa familiare, anche nell’ipotesi in cui sia di proprietà dell’altro coniuge non collocatario.
L’articolo 337 sexies del nostro codice civile prevede che:
Il godimento della casa familiare è attribuito tenendo prioritariamente conto dell’interesse dei figli.
Che cosa si intende per casa familiare? La legge fa riferimento all’habitat domestico, inteso come il centro degli affetti, degli interessi e delle consuetudini in cui si esprime la vita familiare. Insomma, dove i figli sono cresciuti!
“Per residenza abituale deve intendersi il luogo dove il minore trovi e riconosca, anche grazie a una permanenza tendenzialmente stabile, il centro dei propri legami affettivi, non solo parentali, originati dallo svolgersi della vita di relazione. In altri termini la residenza abituale corrisponde al luogo che denota una certa integrazione del minore in un ambiente sociale e familiare” (Cass. 10 febbraio 2017, n. 3555).
Per capirci meglio se il giudice affida la prole alla madre, questa potrà risiedere nella casa in cui viveva durante la felice convivenza, anche se tale abitazione è di esclusiva proprietà dell’ex marito (o compagno).