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Con sentenza n. 6673 del 18.02.2016 la Suprema Corte, Sez. VI Penale, ha affermato il seguente principio di diritto: ” Il decorso del quinquennio dal passaggio in giudicato della sentenza di applicazione della pena comporta l’estinzione del relativo reato e dei connessi effetti penali (ivi compresa, pertanto, la rilevanza dell’illecito ai fini della contestazione della recidiva), precisando che tali conseguenze si producono ipso iure, senza necessità di una formale declaratoria in tal senso da parte del giudice dell’esecuzione”.
SUPREMA CORTE DI CASSAZIONE – SEZIONE VI PENALE sentenza 18 febbraio 2016, n. 6673
Osserva:
1. Con sentenza in data 13.06.2014, il Tribunale di Roma, in composizione monocratica, applicava ad (OMISSIS), in relazione ai contestati reati di resistenza a pubblico ufficiale e lesioni personali aggravate (ai sensi del combinato disposto dell’articolo 585 codice penale e articolo 576 codice penale, n. 1), unificati di fatto per continuazione, la pena complessiva di mesi dieci di reclusione, previo riconoscimento delle attenuanti generiche, valutate equivalenti alla parimenti ascritta recidiva, ex articolo 99 codice penale, comma 1.
2. Avverso detta pronuncia ha proposto tempestivo ricorso per cassazione il difensore di fiducia dell’imputato, avv. (OMISSIS), lamentando violazione di legge, nonche’ manifesta illogicita’ e contraddittorieta’ della motivazione: tanto per aver indebitamente fatto luogo a giudizio di valenza, nonostante che gli effetti penali derivanti dall’unico precedente penale a carico dell’imputato dovessero essere considerati estinti, per effetto del decorso di cinque anni dalla irrevocabilita’ della relativa sentenza, anche in tal caso emessa ai sensi dell’articolo 444.
Donde l’erronea contestazione della recidiva e, per l’effetto, l’erronea qualificazione giuridica del fatto, da ritenersi estesa alle circostanze, come tale suscettibile di essere sottoposta al controllo del giudice di legittimita’.
3. Il P.G. in sede, con propria requisitoria scritta, ha chiesto dichiararsi l’inammissibilità dell’illustrato ricorso.
4. Con successiva memoria, il difensore dell’imputato ha ribadito le gia’ illustrate doglianze, in particolare significando come la correttezza della contestazione delle circostanze rientri nell’ambito dei compiti di verifica demandati al “giudice chiamato a sindacare la legittimita’ dell’accordo intervenuto tra le parti”.
CONSIDERATO IN DIRITTO
1. Il ricorso e’ fondato e merita pertanto accoglimento. Invero, e’ fuor di dubbio che, nella vicenda in esame, concernente fatti posti in essere il 06.05.2014, il decorso del quinquennio dal passaggio in giudicato (30.10.2007) dell’unico precedente esistente a carico dell’imputato, costituito dalla sentenza di applicazione della pena emessa il 28.09.2007, abbia comportato l’estinzione del relativo reato e dei connessi effetti penali, ivi compresa, pertanto, la rilevanza dell’illecito ai fini della contestazione della recidiva (cfr., esattamente in termini, Cass. Sez. 3, sent. n. 7067 del 12.12.2012 – dep. 2013, Rv. 254742). E puo’ parimenti convenirsi con la difesa del ricorrente che tali conseguenze si producono ipso iure, senza necessita’ di una formale declaratoria in tal senso da parte del giudice dell’esecuzione (cfr., da ultimo, Cass. Sez. 5, sent. n. 20068 del 22.12.2014 – dep. 2015, Rv. 263503).
Tanto premesso, e’ appena il caso di significare che il controllo della corretta qualificazione giuridica del fatto, che la legge pone espressamente a carico del giudice, si estende pacificamente alle circostanze che connotino l’imputazione formulata e, dunque, ove risulti contestata la recidiva – come nel caso in esame – anche a quest’ultima.
Ne consegue che, stante l’intervenuta estinzione, ex lege, del solo precedente in forza del quale era stata elevata all’imputato la circostanza di cui all’articolo 99 codice penale, si e’ qui in presenza di un errore che inficia la stessa legittimita’ dell’accordo intervenuto fra le parti, con conseguente invalidità dello stesso e della sentenza che lo ha recepito (cfr., esattamente in termini, in relazione ad un’ipotesi di erronea contestazione della recidiva per assenza di pregresse condanne, Cass. Sez. 2, sent. n. 36 del 15.12.2010, dep. 2011, Rv. 249488). Il che integra senza meno l’esigenza di specificità “rafforzata” che – giusta l’insegnamento delle Sezioni Unite di questa Corte, cui si e’ richiamato anche il requirente P.G.: cfr. Sez. Un. n. 25939 del 28.02.2013, P.G. in proc. Ciabotti ed altro, Rv. 255348 – deve assistere le doglianze mosse avverso una sentenza di applicazione della pena che abbia fatto proprie le richieste formulate dalle parti, posto che la critica svolta vale in effetti a disarticolare il provvedimento che pure ha recepito la domanda proveniente dallo stesso odierno ricorrente.
P.Q.M.
Annulla la sentenza impugnata e dispone trasmettersi gli atti al Tribunale di Roma per nuovo
giudizio.