In caso di licenziamento è possibile trovare un accordo con il datore di lavoro con la possibilità di ottenere una buona uscita, a fronte della rinuncia ad un’eventuale impugnazione del licenziamento.
Tale possibilità è stata introdotta nell’ordinamento con l’art. 6 del d.lgs. 23/2015 (Jobs Act).
Il datore di lavoro, al fine di evitare il giudizio, può offrire al lavoratore “un importo che non costituisce reddito imponibile ai fini dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e non è assoggettato a contribuzione previdenziale, di ammontare pari a una mensilità della retribuzione di riferimento per il calcolo del trattamento di fine rapporto per ogni anno di servizio, in misura comunque non inferiore a tre e non superiore a ventisette mensilità“. L’accettazione da parte del lavoratore comporta l’estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l’abbia già proposta.
Occorre, però, una doverosa precisazione: quanto disciplinato dall’art 6 del Jobs act è valevole solo con riferimento al datore di lavoro che occupa alle sue dipendenze più di quindici lavoratori o, se impresa agricola, più di cinque dipendenti.
Con riferimento, invece, alle aziende che occupano un numero inferiore di lavoratori si applica l’art. 9 dello stesso d.lgs. 23/2015 che prevede che il datore di lavoro possa proporre un minimo di 1,5 mensilità al lavoratore .
Lavoratori tutelati

La normativa in esame non si applica ai dirigenti e ai lavoratori assunti a tempo indeterminato in un momento antecedente all’entrata in vigore del d.lgs. 23/2015.
Inoltre, tra i lavoratori tutelati, non figurano i dipendenti delle Pubbliche Amministrazioni.
I vantaggi per il lavoratore
Questo tipo di accordo viene raggiunto all’interno di specifiche sedi protette previste dalla normativa, tra le quali si annoverano: la sede sindacale e l’ispettorato territoriale del lavoro; il lavoratore ha quindi una maggiore garanzia sul rispetto e la tutela dei suoi diritti.
Le mensilità, minimo tre, che riceve il dipendente licenziato sono prive di oneri fiscali; la somma totale ricevuta dal lavoratore all’atto della firma dell’accordo è, pertanto, pari alla somma lorda delle mensilità versate.
Il lavoratore che aderisce alla conciliazione, inoltre, non perde il diritto al percepimento della NASpI (indennità mensile di disoccupazione); lo ha chiarito il ministero del lavoro in risposta all’interpello n.13/2015.
“Si ritiene possano essere ammessi alla fruizione del trattamento indennitario di cui alla NASpI sia i lavoratori licenziati per motivi disciplinari, sia quelli che abbiano accettato l’offerta economica del datore di lavoro nella ipotesi disciplinata dall’art. 6, D.Lgs. n. 23/2015”.
Con questa normativa è dunque possibile, per il dipendente licenziato, ottenere una rapida tutela evitando il costo e la durata temporale di un eventuale contenzioso giudiziale.
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