Cos’è il “revenge porn”?
Con “revenge porn” viene identificata quella pratica illecita attraverso cui viene diffuso, con intento vendicativo, del materiale ritraente una o più persone che compiono atti sessuali, senza il loro consenso.
Come posso tutelarmi se sono una vittima?
Nella recente modifica al codice privacy, risalente al dicembre 2021, il Garante per la protezione dei dati personali ha messo a disposizione un canale di emergenza sul proprio sito. In questo modo, coloro che temono si possa verificare un episodio di revenge porn nei loro confronti, hanno la possibilità di segnalarlo.
Questa modalità di denuncia è consentita anche ai minori che abbiano compiuto 14 anni di età (art. 144 bis del codice privacy).
Nella pagina sotto riportata coloro che si sentono vittime di un revege porn, troveranno un modulo da compilare per fornire tutte le informazioni sull’accaduto all’Autorità, ed un link dove caricare le eventuali immagini/ video, citando le piattaforme interessate.
https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9555911
Il Garante ricevuta la segnalazione, avrà il compito di intervenire nelle 48 ore successive comunicando alle piattaforme indicate il blocco preventivo dei media forniti.
Cosa prevede il codice penale
In materia penale l’articolo 612 ter del c.p prevede una pena con reclusione da 1 a 6 anni, ed una multa da 5.000 a 15.000 Euro per chiunque invia, consegna e/o pubblica immagini e/o video a contenuto sessualmente esplicito dopo averli realizzati/sottratti o ricevuti, senza il consenso delle persone rappresentate, destinati a rimanere privati, allo scopo di recare loro nocumento.
La pena inoltre viene aumentata se i fatti sono commessi:
- da coniuge (anche separato o divorziato)
- da persona che ha intrattenuto una relazione affettiva con la vittima
- ai danni di donne incinte o persone in condizione di inferiorità fisica e/o psichica.
Alcuni casi significativi:
Uno dei primi processi in Italia in materia di revenge porn risale al 25/11/2019. Il Tribunale di Ravenna si è trovato ad affrontare in quella occasione un caso di diffusione illecita di un’immagine che ritraeva una donna durante un rapporto sessuale. In particolare la foto riprendeva la signora di spalle; tuttavia la stessa era riconoscibile per un tatuaggio presente sul braccio. La donna riferiva di avere dato il suo consenso allo scatto della foto ma non alla sua diffusione successiva. L’ex compagno quindi, senza la sua autorizzazione e con l’intento evidente di vendicarsi, aveva inoltrato l’immagine all’interno di una chat WhatsApp di compagni di squadra. Il fatto risultò quindi rientrare nella fattispecie delittuosa di cui all’art.612 ter c.p, per questo l’uomo venne condannato a risarcire la vittima.
“Immagini riprese in luoghi pubblici”…
Con la sentenza n. 528, il Tribunale di Reggio Emilia del 9/11/2021 ha recentemente trattato il caso riguardante una coppia di giovani che si erano appartati in un bagno di una discoteca ed ivi venivano filmati di nascosto da due ragazzi. In seguito le immagini vennero diffuse sui social, YouTube ed altre piattaforme, anche pornografiche.
Agli imputati veniva contestato:
- di aver indebitamente acquisito immagini attinenti alla vita privata delle parti offese
- il delitto previsto dall’art. 612-ter cp.
In questo caso il Giudice ha ritenuto che il reato non si fosse configurato in quanto il bagno di un locale pubblico non può essere considerato privata dimora.
Al riguardo, consolidato e costante è l’insegnamento della giurisprudenza, secondo il quale:
“Ai fini della configurabilità del reato di violazione di domicilio (art. 614 o.p.), non possono
essere considerati luoghi di privata dimora quelli normalmente destinati ad attività di lavoro,
di studio e di svago, ai quali chiunque possa accedere senza necessità di preventivo consenso
da parte dell’avente diritto, nulla rilevando che in essi possano anche svolgersi occasionalmente atti della vita privata”.
Conseguentemente, il Giudice, pur ritenendo ampiamente censurabile la condotta posta in essere
dagli imputati, ha dichiarato l’insussistenza del fatto contestato per assenza della tipicità materiale prevista dal Legislatore all’art. 615-bis CP.
“Riprese destinate a rimanere private”
Inoltre, l’art 612 ter cp prevede per la configurabilità del reato, che i “video siano destinati a rimanere privati”.
Ciò concerne soltanto materiale sessualmente esplicito, precedentemente condiviso o realizzato consensualmente in un contesto connotato da reciproca fiducia, per cui al momento della cessazione del rapporto di fiducia, uno dei due utilizza le immagini per ferire l’altro.
Pertanto, a contrario, ogni condotta avente ad oggetto la diffusione di materiale sessualmente
esplicito, realizzato ed acquisito da un terzo (come nella vicenda accaduta in discoteca), che evidentemente non faccia parte del contesto relazionale, allo stato attuale non riveste alcuna rilevanza penale.