La fine di un matrimonio spesso lascia degli strascichi profondi, soprattutto quando la separazione dipende dalla decisione di uno soltanto della coppia e magari è causata dall’intromissione nel rapporto di un terzo, l’amante!
La vittima del tradimento quindi potrebbe ben far valere tale circostanza per chiedere l’addebito del matrimonio.
Durante gli incontri volti a dipanare i dubbi dei Ns. Clienti che intendono separarsi, la domanda che di frequente ci viene rivolta è: “Come posso dimostrare di essere stato tradito?”
Ovvero ci chiedono se, per provare di essere stato tradito, posso ricorrere al Tribunale e presentare le prove che documentano l’adulterio.
La giurisprudenza è concorde nel ritenere che l’adulterio può essere dimostrato in corso di causa. Infatti, si legittima la limitazione dei diritti di Privacy e di riservatezza, in favore del diritto, che si ritiene superiore, di provare il tradimento, e quindi di difendersi in Tribunale.
Sentenza n. 35553/2017 della Cassazione civile
Lo afferma infatti la Sentenza n. 35553/2017 della Cassazione civile, che ha affrontato un caso di separazione in cui uno dei due coniugi aveva intrapreso una relazione extraconiugale.
Il coniuge tradito allora aveva prodotto un CD contenente fotografie che immortalavano il rapporto adulterino del consorte. Quest’ultimo sosteneva dunque che la comunicazione e la diffusione dei propri dati sensibili violassero di fatto la sua privacy.
Secondo la Suprema Corte
“la produzione in giudizio del CD non costituisce violazione della disciplina in tema di protezione dei dati personali con conseguente insussistenza – per quanto qui rileva – dei reati di cui ai capi A e B della rubrica e ciò sul rilievo che è legittimo difendersi in giudizio utilizzando gli altrui dati personali.
Cita a sostegno la sentenza di Cass. pen., Sez. 3, n. 35296 del 20/04/2011, (secondo cui in tema di trattamento illecito di dati, la facoltà di difendersi in giudizio utilizzando gli altrui dati personali va esercitata nel rispetto dei doveri di correttezza, pertinenza e non eccedenza stabiliti dalla legge, sicché la legittimità della produzione di documenti contenenti tali dati va valutata in base al bilanciamento tra il contenuto del dato, cui va correlato il grado di riservatezza, e le esigenze di difesa)”.
Dello stesso tema, si è occupata la Cassazione anche nella Sentenza n. 3034/2011, concludendo che:
“occorre rilevare che il D.Lgs. n. 196 del 2003, (codice privacy) stabilisce:
a) che è escluso il diritto di opposizione al trattamento dei dati da parte dell’interessato previsto dall’art. 7, quando il trattamento avvenga per l’esercizio del diritto in sede giudiziaria (art. 8, comma 2 lett. e);
b) che il trattamento di dati personali non presuppone il consenso dell’interessato ove il trattamento avvenga per difendere un diritto in sede giudiziaria, e sempre che i dati siano trattati esclusivamente per tali finalità e per il periodo necessario al loro perseguimento (art. 24 lett. f)”.
Si noti inoltre che, essendo l’ambito in analisi di tipo familiare, si condividono gli stessi spazi e perciò la riservatezza spesso è molto ridotta.
Quando il materiale fotografico è sufficiente per far scattare l’addebito della separazione.
È il caso trattato nella recente ordinanza della Corte di Cassazione dopo che il Tribunale di Roma aveva addebitato le separazione al marito. Nella decisione si è attenuto a delle prove fotografiche che lo ritraevano con un’altra donna in atteggiamenti intimi.
La Suprema Corte concludeva che le prove fornite erano sufficienti a segnalare il tradimento nei confronti della moglie.
Dall’ordinanza della Cassazione civile n. 4899/2020:
“Osservando, quanto all’addebito della separazione, che le risultanze probatorie emergenti dalle citate produzioni fotografiche “sono state correttamente valutate dal giudice di primo grado come dimostrative della violazione del dovere di fedeltà coniugale da parte del marito”, mostrando infatti il R.’ “in un atteggiamento di intimità con una donna che secondo la comune esperienza induce a presumere l’esistenza tra i due di una relazione extraconiugale”.
Vere e proprie prove o riproduzioni meccaniche?
Tuttavia fotografie, chat o simili non sono sempre sufficienti a provare l’infedeltà. Questa tipologia di testimonianza è infatti definita riproduzione meccanica ed ha valore di prova solo se la controparte non le contesta, motivandone le ragioni in maniera conforme.
In altre parole, se il documento non viene contestato, verrà preso in considerazione dal giudice durante il processo.
I vari documenti possono inoltre assumere valore di prova anche nel caso in cui un testimone dichiari di averne preso visione in prima persona.