TUTELA INFORTUNISTICA NEI CASI ACCERTATI DI INFEZIONE DA COVID-19 IN OCCASIONE DI LAVORO PER OPERATORI SANITARI (E NON SOLO)
LA NORMATIVA DI RIFERIMENTO
Ai sensi dell’art. 42 comma 2 del decreto legge n. 18 del 17 marzo 2020 (Decreto Cura Italia) convertito in legge n. 27 del 24 aprile 2020 “Nei casi accertati di infezione da coronavirus (SARS- CoV-2) in occasione di lavoro, il medico certificatore redige il consueto certificato di infortunio e lo invia telematicamente all’INAIL che assicura, ai sensi delle vigenti disposizioni, la relativa tutela dell’infortunato. Le prestazioni INAIL nei casi accertati di infezioni da coronavirus in occasione di lavoro sono erogate anche per il periodo di quarantena o di permanenza domiciliare fiduciaria dell’infortunato con la conseguente astensione dal lavoro. I predetti eventi infortunistici gravano sulla gestione assicurativa e non sono computati ai fini della determinazione dell’oscillazione del tasso medio per andamento infortunistico di cui agli artt. 19 e ss. del Decreto Interministeriale 27 febbraio 2019. La presente disposizione si applica ai datori di lavoro pubblici e privati [1]”.
[1] L’ambito di tutela è quindi garantito ai lavoratori dipendenti e assimilati presso datori pubblici e privati.
LE DUE CIRCOLARI INAIL
Al fine di fornire indicazioni circa la concreta applicazione di tale disposizione normativa, l’INAIL ha pubblicato due circolari:
1) CIRCOLARE INAIL N. 13 DEL 3 APRILE 2020
- Secondo l’indirizzo vigente in materia di trattazione dei casi di malattie infettive e parassitarie, l’INAIL tutela tali affezioni morbose inquadrandole nella categoria degli infortuni sul lavoro (“la causa virulenta è equiparata a quella violenta”);
- Tra tali affezioni morbose rientra l’infezione da nuovo coronavirus occorso a qualsiasi soggetto assicurato dall’INAIL;
- Nell’attuale situazione pandemica l’ambito della tutela riguarda innanzitutto gli operatori sanitari esposti a un elevato rischio di contagio, aggravato fino a diventare specifico: per tali operatori vige, quindi, la presunzione semplice di origine professionale, data la elevatissima probabilità che gli operatori sanitari vengano a contatto con il nuovo coronavirus;
- Ad una condizione di elevato rischio di contagio possono essere ricondotte anche altre attività lavorative che comportano il costante contatto con il pubblico/l’utenza (lavoratori che operano in front office, alla cassa, addetti alle vendite/banconisti, personale non sanitario operante all’interno degli ospedali con mansioni tecniche, di supporto, di pulizie, operatori del trasporto infermi, ecc.): anche per tali figure vige il principio della presunzione semplice. Come specificato nelle FAQ-Coronavirus messe a disposizione dall’INAIL, fra tali categorie rientrano appieno gli operatori socio-sanitari delle RSA;
- Infine, la tutela assicurativa si estende anche a tutte le ipotesi in cui l’identificazione delle precise cause e modalità lavorative del contagio si presenti problematica: ove l’episodio che ha determinato il contagio non sia noto o non possa essere provato dal lavoratore, né si può comunque presumere che il contagio si sia verificato in considerazione delle mansioni/lavorazioni, l’accertamento medico-legale seguirà l’ordinaria procedura dando priorità ai criteri epidemiologico, clinico, anamnestico e circostanziale.
2) CIRCOLARE INAIL N. 22 DEL 20 MAGGIO 2020
- La mancata dimostrazione dell’episodio specifico di penetrazione nell’organismo del fattore patogeno non può ritenersi preclusiva della ammissione alla tutela, essendo giustificato ritenere raggiunta la prova dell’avvenuto contagio per motivi professionali quando, anche attraverso presunzioni, si giunga a stabilire che l’evento infettante si è verificato in relazione con l’attività lavorativa. E perché si abbia una presunzione correttamente applicabile non occorre che i fatti su cui essa si fonda siano tali da far apparire l’esistenza del fatto ignoto come l’unica conseguenza possibile del fatto noto, bastando che il primo possa essere desunto dal secondo come conseguenza ragionevole, probabile e verosimile secondo un criterio di normalità (cosiddetta “presunzione semplice”);
- Non possono essere confusi i presupposti per l’erogazione di un indennizzo INAIL con i presupposti per la responsabilità penale o civile del datore di lavoro, dovendo essi essere accertati con criteri diversi: oltre alla rigorosa prova del nesso di causalità, occorre anche quella dell’imputabilità quantomeno a titolo di colpa della condotta tenuta dal datore di lavoro.
CONCLUSIONE
È quindi possibile concludere che, i lavoratori che svolgono professioni a diretto contatto con il pubblico ovvero appartengono a categorie ad elevato rischio di contagio, hanno diritto, nel caso risultino positivi al Covid, al riconoscimento dell’infortunio sul lavoro e, qualora permangano situazioni di danno permanente, anche al riconoscimento del danno biologico conseguente.
Con riferimento alla assicurazione Inail si ricorda che:
- qualora il danno comporti una menomazione permanente di entità superiore al 6% ed entro il 15% sarà erogata una prestazione economica detta “indennizzo in capitale” e verrà erogata in una unica soluzione facendo riferimento per l’ammontare alla “Tabella indennizzo danno biologico in capitale” di cui al D.M. 12 luglio 2000 come modificato dal D.M. 45/2019.
- Quando invece la permanente menomazione accertata oscilla tra il 16% ed il 100% l’indennizzo viene erogato in rendita e l’importo si compone di una quota che risarcisce e indennizza il danno biologico ed un’altra che invece indennizza la ridotta capacità del lavoratore a produrre reddito.
- Se l’infortunio è talmente grave da provocare la morte del lavoratore, INAIL eroga ai congiunti una rendita o un beneficio una tantum e copre mediante il c.d. assegno funerario le spese relative alle esequie.
Per questo è sempre opportuno, al momento della comparsa dei sintomi, chiedere espressamente al medico, in forza di quanto esaminato sopra, che venga certificato l’infortunio sul lavoro.
Qualora invece il medico non fosse della stessa opinione, oppure avete già avuto il Covid, certificato come malattia invece di infortunio, ed il danno permanente risulta superiore al 6 %, il Ns. consiglio è quello di pretendere che venga riconosciuto l’infortunio da parte dell’Inail.
In caso di risposta negativa, è possibile convocare in giudizio l’Istituto assicuratore avanti l’autorita’ giudiziaria per accertare il diritto a vedersi riconosciuto da Inail l’infortunio sul lavoro ai sensi dell’art 104 del DPR 30/06/1965 n. 1124 e quindi, l’indennizzo in capitale quando il danno accertato va dal 6 al 15 % di danno, oppure una rendita se superiore al 15 % (come specificato meglio sopra).