Il contratto di somministrazione di lavoro è il contratto, a tempo indeterminato o determinato, con il quale un’agenzia di somministrazione autorizzata, mette a disposizione di un utilizzatore uno o più suoi dipendenti, i quali, per tutta la durata della missione, svolgono la propria attività nell’interesse e sotto la direzione e il controllo dell’utilizzatore.
Il suddetto contratto coinvolge, quindi, tre soggetti: l’agenzia per il lavoro (somministratore), l’impresa (utilizzatrice) e il lavoratore.
L’elemento caratterizzante di questa tipologia contrattuale è dato dal fatto che, il lavoratore, viene assunto dall’agenzia di somministrazione la quale, quindi, è tenuta alla sua retribuzione, e ha sullo stesso il potere disciplinare. Mentre il dipendente presta la propria attività lavorativa presso l’impresa utilizzatrice, la quale invece, vanta il potere direttivo e di controllo.
Sulla base dell’art. 35 del d.lgs. n. 81/2015, per tutta la durata della missione presso l’utilizzatore, i lavoratori del somministratore hanno diritto, a parità di mansioni svolte, a condizioni economiche e normative complessivamente non inferiori a quelle previste per i dipendenti di pari livello dell’utilizzatore.
Inoltre, l’utilizzatore, è obbligato in solido con il somministratore, a corrispondere ai lavoratori i trattamenti retributivi ed a versare i relativi contributi previdenziali, salvo il diritto di rivalsa verso il somministratore.

La forma del contratto di somministrazione
Il contratto di somministrazione di lavoro deve essere redatto per iscritto a pena di nullità ex art. 38 del d.lgs n. 81/2015.
Diversamente si configura un contratto di somministrazione irregolare, quindi pur essendo nullo, i lavoratori sono considerati a tutti gli effetti alle dipendenze dell’utilizzatore.
Inoltre quando la somministrazione di lavoro avvenga al di fuori dei limiti e delle condizioni di cui art. 31 c. 1 e 2 e 33 c. 1 lett. a), b), c) e d) dello stesso decreto, il lavoratore può chiedere, anche soltanto nei confronti dell’utilizzatore, la costituzione di un rapporto di lavoro alle dipendenze di quest’ultimo, con effetto dall’inizio della somministrazione.
Tuttavia l’art. 39 del d.lgs. n. 81/2015 prevede un termine di decadenza piuttosto breve: “nel caso in cui il lavoratore chieda la costituzione del rapporto di lavoro con l’utilizzatore, ai sensi dell’art. 38 comma 2 trovano applicazione le disposizioni dell’art. 6 della legge n. 604/1966, e il termine di cui al primo comma del predetto articolo decorre dalla data in cui il lavoratore ha cessato di svolgere la propria attività presso l’utilizzatore”.
Ovvero, ai sensi dell’art. 6 della Legge 604/1966 il lavoratore dovrà “contestare” la nullità del contratto di somministrazione, ai fini della costituzione del rapporto di lavoro, entro 60 giorni dalla cessazione del contratto. La predetta impugnazione è inefficace se non è seguita, entro il successivo termine di 180 giorni, dal deposito del ricorso nella cancelleria del tribunale in funzione di giudice del lavoro o dalla comunicazione alla controparte della richiesta di tentativo di conciliazione o arbitrato.
Il giudice, nel caso in cui accolga la domanda del lavoratore di costituzione del rapporto di lavoro con l’utilizzatore, condanna il datore di lavoro al risarcimento del danno in favore del lavoratore, stabilendo un’indennità onnicomprensiva nella misura compresa tra un minimo di 2,5 e un massimo di 12 mensilità dell’ultima retribuzione di riferimento per il calcolo del TFR ai sensi dell’art. 39 D.lgs. n. 81/2015. La predetta indennità ristora per intero il pregiudizio subito dal lavoratore, comprese le conseguenze retributive e contributive, relativo al periodo compreso tra la data in cui il lavoratore ha cessato di svolgere la propria attività presso l’utilizzatore e la pronuncia con la quale il giudice ha ordinato la costituzione del rapporto di lavoro.

Il lavoro sommerso (comunemente conosciuto come “lavoro in nero”)
Il lavoratore che presta la propria attività lavorativa in assenza di un regolare contratto di lavoro si configura come un lavoratore comunemente detto “in nero”.
Il datore di lavoro, dunque, non svolge neppure il suo obbligo, sancito dall’art. 1 c. 1180 L. n. 296/2007, di comunicare la costituzione del rapporto stesso al Centro per l’impiego entro il giorno antecedente al giorno di avvio all’attività lavorativa.
Nonostante ciò, il rapporto di lavoro che non viene comunicato al Centro per l’impiego competente territorialmente non si considera nullo, infatti il dipendente conserva il diritto a percepire la giusta retribuzione che gli sarebbe spettata se fosse stato denunciato e mantiene tutti i diritti spettanti ai suoi colleghi regolarmente assunti.
Il lavoratore per ottenere il riconoscimento di tutti i suoi diritti può rivolgersi ad un Avvocato, il quale può agire in giudizio per chiedere la condanna del datore di lavoro al pagamento: delle retribuzioni non pagate o delle differenze retributive dovute sulla base del CCNL di riferimento, dei contributi previdenziali nonché del TFR non versato, degli straordinari, della malattia non riconosciuta e della tredicesima (e dell’eventuale quattordicesima).